Il nerofumo è un sottoprodotto della combustione incompleta di una qualsiasi sostanza organica, un pigmento ricavato prevalentemente dalla combustione di prodotti petroliferi pesanti quali catrame di carbone fossile, catrame ottenuto dal cracking dell’etilene, oppure da grassi ed oli vegetali. Si tratta di una polvere finissima di carbone (impalpabile) costituita al 95-99% da carbonio in varie strutture allotropiche (grafite, fullereni) e molecole aromatiche. Conosciuto anche come nero di carbonio, si tratta quindi di una forma di particolato carbonioso ad alto rapporto superficie/volume come parametro importante per la resa colorimetrica, diverso dalla fuliggine – anche se spesso è erroneamente considerata la stessa cosa – sempre per un rapporto tra superficie e volume più alto.
Come pigmento viene usato soprattutto nel campo automobilistico per il rinforzamento della gomma e dei prodotti plastici, ma anche in campo artistico ha il suo utilizzo, e per produrlo basta una candela che simula il processo, facendo lambire alla fiamma una superfice fredda come ad esempio il fondo di un catino di metallo pieno di acqua fredda: la patina nera che si deposita è il nerofumo.
Viene prodotto con tre processi principali:
1-Processo Channel Black: un gas purificato contenente metano viene fatto bruciare a bassa temperatura (500°C) ed in bassa presenza di aria, insufflandolo a pressioni di centesimi di atmosfera (0,5-4 cm acqua) tramite ugelli di ceramica. Il gas combusto lambisce il fondo esterno di canaline di ferro in cui scorre acqua, depositando di conseguenza una polvere finissima, raccolta tramite vibrazione delle suddette canaline, procedimento che fa staccare il nerofumo prodotto. Dopo queste operazioni occorre una purificazione del nerofumo per separarlo dalle particelle grossolane, ottenibile attraverso setacciatura.
2-Processo a forno con parziale combustione: immettendo una miscela di gas composita il metano e gli idrocarburi più pesanti vengono fatti bruciare con quantità dosate d’aria in forni verticali/orizzontali. Il nerofumo prodotto viene fatto precipitare con cicli di abbattimento polveri, fino ad ottenere particelle che misurano circa 50 -80 nm. Questo processo è più efficiente del precedente nell’abbattere il nerofumo, ma richiede tecnologia più costosa, la resa si aggira attorno al 60% rispetto al carbonio ma si ottiene bruciando il gas a temperature di 1200°C ed utilizzando olio combustibile come fonte del nerofumo.
3-Processo a decomposizione termica: le reazioni chimiche sono quelle illustrate in precedenza, tranne quella di produzione di CO2. Il gas immesso viene separato in due flussi, uno viene bruciato per produrre calore e l’altro viene riscaldato a 900°C, decomponendosi secondo la reazione di produzione di carbonio. Il gas residuo è praticamente idrogeno puro, che “trascina” il nerofumo, poi separato con umidificazione e filtri in tessuto. La resa in questo caso è pari al 30% circa e le particelle hanno un diametro maggiore, misurano tra 100 nm e 300 nm.
Dal punto di vista conservativo, le opere realizzate con nerofumo devono essere sottoposte a un consolidamento finale tramite fissativi specifici, che non alterino l’aspetto e la natura del pigmento – come quelli a nebulizzazione idonei per disegni a carboncino e grafite – perchè sono estremamente sensibili e volatili.
Inoltre, è bene precisare che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), ha valutato che il “nero carbonio è probabilmente cancerogeno (Lista delle sostanze cancerogene IARC Gruppo 2B | Gruppo 2B)”. L’esposizione a breve termine ad alte concentrazioni di nero di carbonio in polvere può causare disagio al tratto respiratorio superiore, attraverso irritazione meccanica.