Le lampade fluorescenti, che erroneamente vengono chiamate neon, si basano su tecnologie studiate e sviluppate a partire dagli anni ’20 del XX secolo, a seguito di una serie di esperimenti dimostrativi del fatto che i vapori mercurio emettessero, in determinate condizioni ambientali e sottoposti a passaggio di elettroni, una linea di spettro negli ultravioletti, individuabile a circa 254 nm.
Nei primi anni ’30 venne prodotto il primo prototipo di lampada fluorescente, che emetteva una luce verde con efficienza luminosa pari a 60 lm/W, per poi arrivare al 1939, quando venne introdotto il primo modello commerciale a luce bianca. Normalmente, una lampada è costituita da un tubo di vetro sigillato ermeticamente e riempito di Argon (gas nobile), all’interno una goccia di mercurio (Hg) ad una pressione di circa 2-3mm, alle estremità del tubo due elettrodi che, attraversati da energia elettrica, emettono un flusso di elettroni. Gli elettroni liberati incontrano gli atomi di Argon e ne causano l’eccitazione e quindi la ionizzazione. L’Argon ionizzato, miscelato al Mercurio (miscela di Penning), garantisce l’eccitazione e ionizzazione del mercurio, che passa istantaneamente dallo stato liquido (a temperatura ambiente) allo stato gassoso nel momento in cui avviene la ionizzaizione dell’Argon. Gli elettroni di mercurio, eccitati, emettono fotoni con una lunghezza d’onda pari a 253,7 nm, cioè una luce ultravioletta al di fuori del campo del visibile, ma essendo il contenitore di vetro rivestito internamente da polveri fluorescenti, queste ultime permettono agli ultravioletti di essere convertiti in fotoni visibili, delle cromie desiderate.
Il principio alla base del funzionamento delle lampade a fluorescenza è rimasto invariato, ma nel tempo sono migliorate l’efficienza luminosa, la resa cromatica, la temperatura di colore e la vita media dei tubi al neon.
Fu a partire dalla fine degli anni ’60 che gli artisti si interessarono alla luce, in particolare modo quella neon, per i propri fini creativi. L’utilizzo che ne fecero non fu tanto di tipo decorativo, quanto evocativo in riferimento ai simboli per eccellenza della società consumista, le insegne luminose di tipo commerciale. I neon venivano usati dagli artisti per riflettere sulla forma del linguaggio oppure per sperimentare nuove tipologie di fruizione dell’opera d’arte, come nel caso di gioco di significati e doppi sensi che spesso hanno un intento provocatorio.